Se pensi di non sapere cosa sia il piggybacking, ecco una notizia shock: siamo quasi certi di poter affermare che, (almeno) nel suo senso più letterale, lo hai già fatto. Precisamente, quando a tre anni non avevi voglia di camminare e pregavi papà di prenderti a cavalluccio, facevi piggybacking.
Letteralmente, infatti, il termine inglese indica il farsi portare sulle spalle. Nel marketing è usato per descrivere una particolare strategia di comunicazione, che prevede l’utilizzo di campagne, eventi e/o tendenze preesistenti (e di altri) al fine di dare visibilità al proprio messaggio, prodotto o marchio.
Okay, sembra più complicato di quanto non sia. Ma non temere: siamo pronti a spiegarlo come mangiamo.
Cos’è e a che serve il piggybacking?
Googlando piggybacking, troverai diverse voci – e ciascuna indicherà qualcosa di diverso. Nessuna è in errore: semplicemente, il significato di piggybacking varia a seconda del settore di applicazione.
Nell’ambito commerciale, ad esempio, definisce il tipo di accordo che consente a una parte (rider) di esportare i suoi prodotti e/o servizi sfruttando la rete distributiva di un’altra parte (carrier) già presente e attiva nel mercato di destinazione.
In informatica, invece, indica una specifica tecnica per l’ottimizzazione delle comunicazioni. In soldoni: due dispositivi che comunicano in rete si scambiano messaggi, e a ciascun messaggio corrisponde una conferma di ricezione che è, di fatto, anch’essa un messaggio. Con il piggybacking, le conferme di ricezione vengono incorporate ai messaggi già in uscita, così che il numero totale di messaggi diminuisca e la comunicazione diventi più rapida. A te, ingegnere che ci leggi: perdónanos por nuestra explicación loca.
Okay, tutto fighissimo. Ma non è quello che ci interessa: noi parliamo di marketing.
In pubblicità, il piggybacking consiste nello sfruttamento di eventi, fenomeni e/o campagne già popolari a proprio vantaggio. In pratica, permette di raggiungere un target molto vasto e già interessato investendo poco tempo e poche risorse. Una specie di poker d’assi.
Sì, ma… come si fa? Vediamo qualche esempio pratico.
Eventi
Supponiamo che esca il nuovo film di Star Wars. Disney ha speso milioni per la pubblicità. Chewbacca è ovunque: in TV, sui social, sui tabelloni in autostrada. I fan sono entusiasti. Credi che la cosa non ti interessi un granché: tu vendi patatine. E invece puoi fare piggybacking. Ti basterà photoshoppare un pacchetto delle tue chips in mano ai passeggeri del Millennium Falcon per attrarre nuovi consumatori (i fan di Star Wars) già ingaggiati.
Meme e trend virali
Una cosa del genere.

Sfruttare gli hashtag, i meme e i trend del momento è sempre una buona idea: consente di generare interazioni facili e coinvolgere il pubblico a costo zero.
Campagne sociali
Lo abbiamo già detto mille volte, ma la milleunesima non fa male a nessuno: le imprese non sono più semplici realtà commerciali, ma veri e propri attori della comunità. Il piggybacking sulle cause sociali non soltanto permette l’acquisizione di sostenitori, ma può anche essere un ottimo strumento di brand awareness. Un esempio? Una linea di prodotti color arcobaleno per il Pride Month.
Implicazioni etiche e sociali del piggybacking
Dal punto di vista etico, il piggybacking pone alcune questioni. In particolare, lo smodato uso della tecnica nel marketing rischia di restituire l’immagine di un’azienda opportunistica e poco originale. Perciò è bene fare una selezione: non sostenere tutti gli eventi, le cause e i trend, ma scegli quelli più affini alla tua visione.
Altro aspetto è quello legale: l’uso di contenuti prodotti da altri potrebbe entrare in conflitto con le leggi sul copyright e sul branding. Non è possibile fare piggybacking vendendo magliette con il logo di Coca-Cola senza chiedere il permesso – almeno, non è possibile farlo legalmente. Verificare le normative vigenti è sempre fondamentale.
Strategie di piggybacking che hanno avuto successo
Come sempre, il miglior modo per imparare è osservare i campioni: vediamo alcune delle più efficaci campagne di piggybacking.
IKEA e Balenciaga
Nel 2017, Balenciaga ha lanciato una borsa blu molto simile, sia nel design che nel colore, alla celebre borsa IKEA (ma decisamente più costosa).
E il direttore marketing di IKEA poteva forse non fare piggybacking? Non poteva. Cogliendo al volo l’occasione, ha pubblicato una campagna ironica dal titolo come riconoscere una vera borsa IKEA. Nello specifico, questa qui.

Oreo e Super Bowl
Durante il Super Bowl del 2013, un blackout temporaneo ha fermato la partita per alcuni minuti. Fortunatamente, il SMM di Oreo stava guardando. E ha twittato: Power out? No problem. You can still dunk in the dark (tradotto: La luce è andata via? Nessun problema. Puoi inzuppare [i biscotti] anche al buio).

Lidl e Berghaus
Recentemente, Berghaus ha pubblicizzato una nuova giacca blu, rossa e gialla. In modo più che brillante, Lidl UK ha giocato sulla similarità dei colori con quelli del proprio marchio, sfruttando un cartellone pubblicitario per fare piggybacking.

Adesso che sai tutto sul piggybacking, passiamo all’argomento principale: quale credi che sia il miglior pezzo di Liam Gallagher? Rispondici qui. E nel frattempo, se hai bisogno di una mano per le tue strategie di marketing… maybe, we’re gonna be the ones that save you.